Un Check-Up della nostra città

Nelle scorse settimane ho avuto la possibilità di assistere alla presentazione del Rapporto Giorgio Rota (a questo link è possibile scaricare l’intero rapporto) che da molti anni prova a fare una analisi annuale della nostra città. Il rapporto non è sicuramente esaustivo di una realtà molto complicata come quella torinese che nell’ultimo decennio ha attraversato due crisi economiche, ma penso possa essere una ottima chiave di lettura per capire cosa ci succede. In questo articolo provo a riportare a grandi linee cosa è emerso.

Tenendo conto che, le indagini condotte in questo Rapporto convergono nell’indicare che soltanto partendo da analisi puntuali – ossia, distinguendo tra ambito e ambito e tra tema e tema – è possibile raccogliere elementi utili per indirizzare politiche locali, piani e progetti allo scopo di supportare e potenziare gli aspetti che emergono come «punti di forza» della città e affrontare le questioni rispetto a cui si evidenziano invece ritardi e debolezze. Insistere, invece, nel ragionare (o litigare) su questa o quella classifica, e sul relativo posizionamento di Torino, rischia di far scivolare pericolosamente il dibattito verso dinamiche da «Bar Sport» anziché orientarlo verso un confronto razionale e argomentato sulle diverse politiche e sui progetti per la città.

Partiamo da una prima considerazione guardandoci dal livello europeo, se venticinque anni fa, nelle ricerche internazionali, Torino finiva nel calderone con città dall’industria pesante – Stoccarda, Manchester, Bilbao, Amburgo – oggi va a braccetto con le capitali del turismo e della cultura come, Madrid, Vienna, Barcellona, Copenhagen.

Torino è, in generale, leggermente sotto la media, ovvero siamo esclusi dalle ricerche che considerano come campione 30 città europee (pur essendo la 23esima per popolazione) ma sempre dentro le analisi che ne includono almeno 50. Siamo ben piazzati quando si parla di prestazioni economiche, congressi, innovazione, traffico; ma siamo in difficoltà se si parla di qualità dell’aria e densità di turisti, ovvero rapporto tra visitatori e residenti. In Italia siamo più simili a Napoli che a Milano, e forse questo dovrebbe portarci ad abbandonare la scelta di vederci continuamente in competizione con Milano per provare a ricercare il nostro spazio esclusivo.

La cultura vive a Torino di alti e bassi ma il turismo è lontano dall’essere un vero motore di crescita e purtroppo non riusciamo ad essere così attrattivi con l’estero come testimoniano i valori degli immobili e delle attività commerciali. I 1.700 euro al metro quadro che si spendono in media per affittare un negozio in via Roma, sono il valore più basso tra le vie commerciali italiane eccetto via Toledo a Napoli. Secondo l’European regional economic growth index, Torino è 76esima su 92 città europee, sconsigliata agli investitori al pari di Budapest, Sofia, Belfast, Sheffield.

Per ciò che riguarda il traffico Torino si posiziona ad un alto livello sulle città italiane anche grazie all’adozione di un piano urbano sulla mobilità sostenibile che risale al 2011, il problema resta comunque la qualità dell’aria: l’Organizzazione mondiale della sanità ci posiziona su 1.500 città al mondo in 1046esima posizione (406 su 432 in Europa) per i livelli di pm10, biossido di azoto e ozono. Sicuramente un elemento che peggiora la qualità dell’aria è l’uso dell’auto dove seconod un monitoraggio realizzato dall’Agenzia per la mobilità piemontese nel 2013 si è evidenziata una crescita davvero minima nell’uso di tram e bus, arrivati soltanto al 35%. Al tempo stesso il numero di veicoli (619,5 ogni mille abitanti) dal 2008 al 2014 è diminuito solo del 5% contro il 17% di Roma e il 13% di Milano. In generale l’uso delle auto negli ultimi cinque anni è sceso leggermente, i mezzi pubblici sono in ripresa, ma gli spostamenti su due ruote continuano a essere una minima parte.

A proposito di scuola.
Torino è al quinto posto tra le metropoli italiane quanto a offerta di asili nido, con un posto ogni 5 bambini, meno di Venezia, Firenze, Milano e Bologna. Ma per quanto riguarda gli aspetti qualitativi la situazione non è particolarmente brillante. Due i problemi più evidenti: abbandono scolastico e scarse competenze. Fino al 2013 Torino era la grande città che più spendeva in istruzione ma città che spendono molto meno hanno ottenuto risultati migliori. Il tasso di abbandono scolastico sfiora il 6%, peggio di Venezia, Reggio Calabria, Roma, Firenze, Milano, Genova,, Bologna. Le scuole sono accessibili ai disabili ma la loro sicurezza è scarsa: in questa graduatoria Torino è penultima tra le grandi città. E guardando alle competenze degli studenti e ai risultati dei test Invalsi del 2014, i nostri studenti si collocano sotto la media, al nono posto su quattordici città esaminate. Risultati peggiori solo a Reggio CAlabria, Messina, Catania, Palermo e Napoli.

A proposito di sanità e politiche del lavoro.
Gli indicatori del ministero della Salute dicono che tra le quindici città metropolitane Torino è settima nel rapporto tra medici e abitanti, ottava per disponibilità di posti pro capite, penultima per dotazione di ambulatori e consultori. Anche sul fronte della qualità la situazione è contraddittoria: la capacità di utilizzare efficacemente la dotazione di posti letto è abbastanza bassa, il 77,7%, meglio solo di alcune metropoli del Sud come Palermo, Messina, Reggio Calabria e Cagliari. Gli indicatori sull’efficacia e l’appropriatezza delle cure sono invece positivi: la sanità torinese è una tra le più affidabili dopo Bologna, Venezia e Firenze. I dati sul lavoro non sono incoraggianti: il Torinese registra il più alto tasso di disoccupazione tra le città metropolitane del Centro-Nord e contemporaneamente un numero ridotto di politiche attive per il lavoro, tanto da essere penultima nel 2014 per numero di azioni pro capite. A Torino solo l’1,9% di chi trova lavoro lo deve a un centro per l’impiego pubblico.

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